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Casale del Giglio, interprete del rilancio dei vini laziali

  • Roger Sesto
  • 3 giu
  • Tempo di lettura: 3 min

Aggiornamento: 5 giu



I-filari-della-tenuta-che-hanno-soppiantato-il-te-ndone,-con-rese-inferiori-e-densità-superiori
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L’Azienda Agricola Casale del Giglio, fondata nel 1967 da Dino Santarelli, è sita in provincia di Latina ed ha sviluppato i suoi vigneti nell’Agro-Pontino, un territorio bonificato e senza tradizioni vitivinicole. Inizialmente possedeva circa 160 ettari vitati a trebbiano, sangiovese, merlot, poi la svolta “copernicana”


Il sistema d’allevamento era il tendone, pochi ceppi per ettaro, elevata produttività: una tipica impostazione anni ’60. Ma, comprendendo che il futuro della vitivinicoltura è la qualità, si decide ad un certo punto di voltar pagina. Mutuando un approccio tipico del “nuovo mondo” vitivinicolo, si imposta un progetto globale e razionale, che parte dal vigneto e giunge al “prodotto finito”. L’obiettivo è di produrre vini di qualità medio-alta, in quantitativi importanti, con un ottimo rapporto qualità/prezzo, in una zona senza grosse tradizioni viticole e caratterizzata da un terroir non considerato di particolare pregio. Tutto ciò comporta il sovvertimento della consueta logica di partire da una vigna preesistente massimizzandone la produttività, viceversa si definisce “a priori” il vino-obiettivo, si sceglie il terreno ritenuto più idoneo in base a precisi studi di zonazione, si impianta il vigneto con i metodi d’allevamento più consoni.

 

Una lunga ricerca che ha trasformato l’azienda punta di diamante del territorio

Ovviamente questa nuova filosofia ha comportato anni di ricerca, inclusa la creazione di una vigna sperimentale di 5 ettari, sui quali sono stati impiantati ben 45 vitigni. Dopo 15 anni di sperimentazioni, a cavallo fra gli anni ’80 e ’90, vengono prese alcune fondamentali decisioni. Si opta in particolare per l’abbandono dei vitigni autoctoni, a favore delle cultivar di maggior successo internazionale e che hanno dimostrato un’ottima adattabilità alla zona: chardonnay, sauvignon, merlot, cabernet sauvignon, petit verdot (una rarità nella nostra penisola), syrah. La produzione viene distinta in due linee, la prima legata a vini monovitigno, tutti Igt Lazio e denominati direttamente col nome della bacca, la seconda basata su assemblaggi, anch’essi Igt ma chiamati con nomi di origine storica. Attualmente l’azienda, che ha debuttato sul mercato nazionale solo nel ’97, dopo la sua “svolta filosofica” consta di 180 ettari di vigneto nella campagna laziale, 1.700.000 bottiglie prodotte, 25 etichette e un prestigioso carnet di riconoscimenti che negli anni ha portato i vini dell'Agro Pontino alla ribalta nel panorama nazionale e internazionale.

 

L’abbandono del tendone per il filare, la densità a 4.000 ceppi/ha, rese contenute

Altre conseguenze di questa nuova strategia è stato l’abbandono del tendone a favore del filare, la densità di ceppi per ettaro è stata portata a circa 4mila unità (tentativi di maggiori densità sono falliti per fenomeni di cannibalizzazione radicale), la resa è stata drasticamente ridimensionata a 60-80 q.li per ettaro. A favore della qualità giocano inoltre una serie di fattori naturali, quali il suolo, la cui composizione è un misto di sabbia, limo, argilla, e il clima, generalmente costante, senza eccessive precipitazioni e con un paio di mesi (luglio e agosto) caldi e secchi, ma il cui effetto è mitigato dall’azione della brezza marina, difatti la costa è a soli 4 km dai vigneti, e solo in caso di stress idrica si ricorre all’irrigazione a goccia. Un caldo che conferisce struttura, ed un suolo che la ingentilisce, rendendola equilibrata, elegante e “fresca”.

 

Dalle origini alla svolta verso il futuro, come il rilancio di antiche cultivar locali

Casale del Giglio è stata fondata nel 1967 da Dino Santarelli, originario di Amatrice. Si trova nell’Agro Pontino, in località Le Ferriere, provincia di Latina, circa 50 km a sud di Roma. Questo territorio rappresentava, rispetto ad altre zone del Lazio e di altre Regioni d’Italia, un ambiente tutto da esplorare dal punto di vista vitivinicolo. Per il figlio Antonio, Casale del Giglio era la tenuta di famiglia dove da bambino trascorreva i fine settimana e tentava poi le prime corse in motorino. Ma, quando a venticinque anni inizia a collaborare in azienda con il padre Dino, avverte come il territorio dell’Agro Pontino rappresenti un’area vergine su cui poter tentare svariate sperimentazioni. L’assenza di passato enologico diviene così lo stimolo determinante verso il massimo grado di libertà innovativa. Chiama accanto a sé ampelografi e ricercatori universitari e, nel 1985, con il padre Dino, dà vita a un progetto che pone a dimora sui terreni aziendali 57 diversi vitigni sperimentali. Un’avventura complessa e rischiosa, mai tentata con questa scientificità, di cui diviene interprete assoluto l’enologo dell’azienda Paolo Tiefenthaler. Questo progetto ambiva, attraverso pratiche agronomiche ed enologiche mirate ed efficaci, a selezionare varietà caratterizzate da un alto grado di interazione qualitativa con il microclima dell’Agro Pontino. L’attività di ricerca e sperimentazione è stata poi estesa a territori limitrofi ed ha permesso la riscoperta e la valorizzazione di particolari vitigni autoctoni del Lazio, come la Biancolella di Ponza, il Bellone di Anzio, il Cesanese di Affile e di Olevano Romano, nonché il Pecorino di Amatrice ed Accumoli.


I responsabili di Casale del Giglio nelle-tenute sperimentali
I responsabili di Casale del Giglio nelle-tenute sperimentali



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