RASMUS MUNK ORA TRASFORMA LA CO2 IN PROTEINE BUONE PER SFAMARE IL PIANETA
- Alessandra Meldolesi

- 23 set
- Tempo di lettura: 2 min

Durerà due anni e costerà quasi 22 milioni di euro la fase due del progetto “Acetate to food”, che mira a convertire la CO2 in proteine che sfamino il mondo. A renderle appetibili ai diversi palati è stato chiamato Rasmus Munk, chef di Alchemist, entusiasta dell’impresa.

Rasmus Munk è abituato a stupire: il ristorante Alchemist, corrazzato da investimenti milionari, rappresenta il massimo esempio di show food mondiale e nei suoi piatti non mancano i coup de théatre avanguardisti, spesso al limite del disgusto. Ora però torna alla ribalta per tutt’altri motivi: il ruolo del suo laboratorio di ricerca Spora nel progetto “Acetate to food”, finanziato dalla Gates Foundation e dalla Novo Nordisk Foundation, che mira a trasformare la CO2, primo responsabile del cambiamento climatico, in proteine nobili per sfamare fino a un miliardo di persone, senza uso di terra.
Non più farm to table, quindi, ma “air to table”: potrebbe essere questa la mossa vincente per fronteggiare in un colpo solo due emergenze planetarie. “Siamo estremamente orgogliosi che due delle maggiori fondazioni ci abbiano scelto come partner in questo ambizioso progetto, che ha il potenziale di nutrire fino a un miliardo di persone l’anno”, è il commento di Rasmus Munk. Il suo laboratorio Spora entrerà in campo nella cruciale fase 2, unendosi a un ambizioso consorzio di istituti di ricerca e compagnie private. In pratica si tratta di sostituire lo zucchero, che consuma risorse, con processi di fermentazione attraverso acetato ricavato dall’anidride carbonica, lo stesso dell’aceto. Questo è in grado di nutrire microrganismi, che a loro volta producono proteine nobili. All’inizio, commenta soddisfatto Claus Felby, vicepresidente di Agri-Food, Novo Nordisk Foundation, sembrava fantascienza; invece nel giro di un paio d’anni arriveranno i primi prototipi di cibo da sottoporre ai consumatori. E proprio Munk è stato chiamato a fare in modo che siano più cibo che scienza, insomma buoni oltre che commestibili. “Stiamo fronteggiando una crisi al tempo stesso alimentare e climatica e abbiamo un bisogno disperato di soluzioni nuove e radicali, per nutrire in modo sostenibile una popolazione che continua a crescere. La tecnologia sviluppata durante la prima fase del progetto ha il potenziale di rimodellare il modo in cui produciamo cibo e personalmente non vedo l’ora di iniziare a lavorare alla trasformazione dei risultati in ingredienti per il futuro, che siano innanzitutto deliziosi”.
Si tratta di creare alimenti sostenibili che possano andare in tavola in tutto il mondo attraverso la creatività gastronomica e la conoscenza scientifica, soccorrendo in primo luogo i paesi in via di sviluppo e onorando al tempo stesso il gusto nazionale e le culture gastronomiche. Per questo Spora e i suoi partner stanno già lavorando con chef e comunità locali, al fine di rendere appetibili le loro creazioni alle famiglie e ai diversi palati. “Non si tratta solo di scienza, ma di cambiare il modo in cui nutriamo il pianeta e assicurare che il cibo del futuro sia sostenibile, accessibile ma anche irresistibilmente buono”, conclude Munk. Che di sicuro staccherà i suoi dividendi in termini di visibilità e non solo.





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